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sabato 30 gennaio 2010

Come al solito, tocca a noi fare informazione.

Correva l'anno 2004, data in cui la casa editrice Bradipolibri pubblicò un libro a cura di Fabrizio Calzia dal titolo "Il terzo incomodo. Le pesanti verità di Ferruccio Mazzola". In tale scritto si narra delle accuse lanciate senza peli sulla lingua da parte del Mazzola citato nel titolo; accuse verso la sua società (Inter) e il suo tecnico (Helenio Herrera) all'epoca dei fatti. Ferruccio (lo chiameremo così per differenziarlo dal più famoso fratello, ex n.10 interista, Sandro) sosteneva che all'Inter, in quegli anni (anni '60), ci fosse un "uso disinvolto del doping per potenziare al massimo le prestazioni della squadra e per conseguire i gloriosi risultati poi effettivamente raggiunti". L'Inter, ovviamente, non la prese bene, e l'anno dopo, per opera di Giacinto Facchetti, citò per diffamazione sia la Bradipolibri (e Calzia) che Ferruccio, richiedendo un risarcimento di un milione e mezzo di euro per danni morali.
Si cala in questo contesto ciò che è avvenuto qualche settimana fa a S.Siro, cioè il pignoramento dell'incasso di una partita del'Inter per poter pagare le spese processuali a chi avevano citato. Questa, di fatto, è conseguenza dell'iter processuale di cui vi abbiamo parlato poco fa. Di seguito viene riportata parte della sentenza (datata novembre 2008) del giudice unico Rosaria Ricciardi su questo caso: "(...) il libro è costituito prevalentemente da una serie di racconti che hanno visto come protagonista il Mazzola nel corso della sua carriera, nonché da una serie di testimonianze di molti ex calciatori. Attraverso un racconto chiaro e completo, scevro da espressioni malevole o offensive, gli autori delineano un quadro generale e storico del calcio dell’epoca".
Così si è espresso l'avvocato Alberto Foggia, difensore della casa editrice e di Ferruccio durante il processo, ascoltato da Daniele Benvenuti, giornalista de Il Tirreno: "Una volta incaricato dai miei assistiti, è iniziata la mia opera di raccolta di documenti e testimonianza per difenderli. Nel novembre del 2008 il caso è arrivato davanti al giudice del tribunale di Roma che ha respinto la richiesta di danni avanzata dall’Inter. Dopo la sentenza, le spese che ci avrebbero dovuto pagare, per quasi un anno non sono state liquidate né a me né al mio collega romano. A quel punto, nell’ottobre scorso, ho fatto scattare l’istanza di pignoramento dell’incasso di San Siro per ottenere la cifra dovuta. Una volta notificato l’atto all’Inter, la società milanese si è immediatamente messa in contatto con me per pagare prima che scattasse il termine del pignoramento".
Episodio non proprio gratificante per la società di Massimo Moratti, non solo per il disguido sul pagamento ritardato in maniera esagerata, ma soprattutto per la macchia su uno dei periodi più belli dell'intera storia nerazzurra


PASTICCA NERAZZURRA

Pillole nel caffè. Che Herrera dava ai giocatori. Molti dei quali sono morti. Un ex racconta il doping della Grande Inter. E chiama in aula tutti i campioni di allora colloquio con Ferruccio Mazzola

Sono campioni che hanno fatto la storia del calcio italiano quelli che passeranno, uno dopo l'altro, in un'aula del tribunale di Roma a parlare di doping. Come Giacinto Facchetti, splendido terzino sinistro e oggi presidente dell'Inter; o come Sandro Mazzola, Mariolino Corso, Luis Suarez. E ancora: Tarcisio Burnich, Gianfranco Bedin, Angelo Domenghini, Aristide Guarneri. Tutti chiamati a testimoniare da un loro compagno di squadra di allora, Ferruccio Mazzola, fratello minore di Sandro, che vuole sentire dalla loro voce - e sotto giuramento - la verità su quella Grande Inter che negli anni '60 vinse in Italia e nel mondo. «Non l'ho cercato io, questo processo: mi ci hanno tirato dentro. Ma adesso deve venire fuori tutto», dice Ferruccio.

A che cosa si riferisce, Mazzola?
«Sono stato in quell'Inter anch'io, anche se ho giocato poco come titolare. Ho vissuto in prima persona le pratiche a cui erano sottoposti i calciatori. Ho visto l'allenatore, Helenio Herrera, che dava le pasticche da mettere sotto la lingua. Le sperimentava sulle riserve (io ero spesso tra quelle) e poi le dava anche ai titolari. Qualcuno le prendeva, qualcuno le sputava di nascosto. Fu mio fratello Sandro a dirmi: se non vuoi mandarla giù, vai in bagno e buttala via. Così facevano in molti. Poi però un giorno Herrera si accorse che le sputavamo, allora si mise a scioglierle nel caffè. Da quel giorno "il caffè" di Herrera divenne una prassi all'Inter».

Cosa c'era in quelle pasticche?
«Con certezza non lo so, ma credo fossero anfetamine. Una volta dopo quel caffè, era un Como-Inter del 1967, sono stato tre giorni e tre notti in uno stato di allucinazione totale, come un epilettico. Oggi tutti negano, incredibilmente. Perfino Sandro...».

Suo fratello?
«Sì. Sandro e io, da quando ho deciso di tirare fuori questa storia, non ci parliamo più. Lui dice che i panni sporchi si lavano in famiglia. Io invece credo che sia giusto dirle queste cose, anche per i miei compagni di allora che si sono ammalati e magari ci hanno lasciato la pelle. Tanti, troppi...».

A chi si riferisce?
«Il primo è stato Armando Picchi, il capitano di quella squadra, morto a 36 anni di tumore alla colonna vertebrale. Poi è stato il turno di Marcello Giusti, che giocava nelle riserve, ucciso da un cancro al cervello alla fine degli anni '90. Carlo Tagnin, uno che le pasticche non le rifiutava mai perché non era un fuoriclasse e voleva allungarsi la carriera correndo come un ragazzino, è morto di osteosarcoma nel 2000. Mauro Bicicli se n'è andato nel 2001 per un tumore al fegato. Ferdinando Miniussi, il portiere di riserva, è morto nel 2002 per una cirrosi epatica evoluta da epatite C. Enea Masiero, all'Inter tra il '55 e il '64, sta facendo la chemioterapia. Pino Longoni, che è passato per le giovanili dell'Inter prima di andare alla Fiorentina, ha una vasculopatia ed è su una sedia a rotelle, senza speranze di guarigione...».

A parte Picchi e forse Tagnin, gli altri sono nomi meno noti rispetto ai grandi campioni.
«Perché le riserve ne prendevano di più, di quelle pasticchette bianche. Gliel'ho detto, noi panchinari facevamo da cavie. Ne ho parlato per la prima volta qualche mese fa nella mia autobiografia ("Il terzo incomodo", scritto con Fabrizio Càlzia, Bradipolibri 2004, ndr), che ha portato al processo di Roma».

Perché?
«Perché dopo la pubblicazione di quel libro mi è arrivata la querela per diffamazione firmata da Facchetti, nella sua qualità di presidente dell'Inter. Vogliono andare davanti al giudice? Benissimo: il 19 novembre ci sarà la seconda udienza e chiederemo che tutti i giocatori della squadra di allora, intendo dire quelli che sono ancora vivi, vengano in tribunale a testimoniare. Voglio vedere se sotto giuramento avranno il coraggio di non dire la verità».

Ma lei di Facchetti non era amico?
«Sì, ma lasciamo perdere Facchetti, non voglio dire niente su di lui. Sarebbero cose troppo pesanti». Pensa che dal dibattimento uscirà un'immagine diversa dell'Inter vincente di quegli anni? «Non lo so, non mi interessa. Se avessi voluto davvero fare del male all'Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere...».

Ma era solo nell'Inter che ci si dopava in quegli anni?
«Certo che no. Io sono stato anche nella Fiorentina e nella Lazio, quindi posso parlare direttamente anche di quelle esperienze. A Firenze, il sabato mattina, passavano o il massaggiatore o il medico sociale e ci facevano fare delle flebo, le stesse di cui parlava Bruno Beatrice a sua moglie. Io ero in camera con Giancarlo De Sisti e le prendevamo insieme. Non che fossero obbligatorie, ma chi non le prendeva poi difficilmente giocava. Di quella squadra, ormai si sa, oltre a Bruno Beatrice sono morti Ugo Ferrante (arresto cardiaco nel 2003) e Nello Saltutti (carcinoma nel 2004). Altri hanno avuto malattie gravissime, come Mimmo Caso, Massimo Mattolini, lo stesso De Sisti...».

De Sisti smentisce di essersi dopato.
«"Picchio" in televisione dice una cosa, quando siamo fuori insieme a fumare una sigaretta ne dice un'altra...».

E alla Lazio?
«Lì ci davano il Villescon, un farmaco che non faceva sentire la fatica. Arrivava direttamente dalla farmacia. Roba che ti faceva andare come un treno».

Altre squadre?
«Quando Herrera passò alla Roma, portò gli stessi metodi che aveva usato all'Inter. Di che cosa pensa che sia morto il centravanti giallorosso Giuliano Taccola, a 26 anni, durante una trasferta a Cagliari, nel '69?».

Ma secondo lei perché ancora adesso nessuno parlerebbe? Ormai sono - siete - tutti uomini di sessant'anni...
«Quelli che stanno ancora nel calcio non vogliono esporsi, hanno paura di rimanere tagliati fuori dal giro. Sono tutti legati a un sistema, non vogliono perdere i loro privilegi, andare in tv, e così via. Prenda mio fratello: è stato trattato malissimo dall'Inter, l'hanno cacciato via in una maniera orrenda e gli hanno perfino tolto la tessera onoraria per entrare a San Siro, ma lui ha lo stesso paura di inimicarsi i dirigenti nerazzurri e ne parla sempre benissimo in tv. Mariolino Corso, uno che pure ha avuto gravi problemi cardiaci proprio per quelle pasticchette, va in giro a dire che non mi conosce nemmeno. Anche Angelillo, che è stato malissimo al cuore, non vuole dire niente: sa, lui lavora ancora come osservatore per l'Inter. A parlare di quegli anni sono solo i parenti di chi se n'è andato, come Gabriella Beatrice o Alessio Saltutti, il figlio di Nello. È con loro che, grazie all'avvocato della signora Beatrice, Odo Lombardo, ora sta nascendo un'associazione di vittime del doping nel calcio».

Certo, se un grande campione come suo fratello fosse dalla vostra parte, la vostra battaglia avrebbe un testimonial straordinario...
«Per dirla chiaramente, Sandro non ha le palle per fare una cosa così».

E oggi secondo lei il doping c'è ancora?
«Sì, soprattutto nei campionati dilettanti, dove non esistono controlli: lì si bombano come bestie. Quello che più mi fa male però sono i ragazzini...».

I ragazzini?
«Ormai iniziano a dare pillole e beveroni a partire dai 14-15 anni. Io lavoro con la squadra della Borghesiana, a Roma, dove gioca anche mio figlio Michele, e dico sempre ai ragazzi di stare attenti anche al tè caldo, se non sanno cosa c'è dentro. Ho fatto anche una deposizione per il tribunale dei minori di Milano: stanno arrivando decine di denunce di padri e madri i cui figli prendono roba strana, magari corrono come dei matti in campo e poi si addormentano sul banco il giorno dopo, a scuola. Ecco, è per loro che io sto tirando fuori tutto».

lunedì 25 gennaio 2010

Parla Kato 2: Parlo di quel cazzo che voglio

Juventus-Roma 1-2 Del Piero, Totti (R), Riise. Olimpico, Torino

Cosa c'è di strano nel fatto che la Juventus perda a Torino? Nulla, ormai ci siamo abituati.
Cosa c'è di strano nel fatto che la Roma vinca a Torino? Non succedeva dall'ultimo sorriso di Mourinho.
Cosa c'è di strano nel fatto che il gol partita lo abbia fatto, di testa, un norvegese che sa solo tirare delle sapolde incredibili da centrocampo? Poco, meglio lui che Sardo.

Ora, stabilito che di storia della Juventus non ha più senso parlare, perchè dopo calciopoli sembra che 29 scudetti siano stati strappati dalle oneste mani della seconda squadra di Milano, sarà il caso di guardare al futuro e ai possibili scenari che si stanno delineando: si parla di esonerare Ferrara (sarebbe forse più intelligente parlare di quanto sia stato stupido dargli in mano la squadra) e inserire nei meccanismi un "traghettatore" tipo Parlantina Zoff, Vialli (quanti anni è che non allena?) o Gentile (quanti anni è che non allena?). Scelta idiota.
L'unico vanto della Juventus fino all'anno scorso è stato non esonerare allenatori in corsa e, visto cosa offre la piazza, forse è il caso di continuare su quella linea. Una volta raggiunta la salvezza a fine anno si potrà parlare di un nuovo allenatore serio e di fama mondiale, tipo Rafa Benitez.. sarebbe una buona idea..
Siamo quindi arrivati a giugno 2010: abbiamo raggiunto la SALVEZZA, a quello si punta, e risolto il problema allenatore. Non avendo raggiunto la Champions siamo però a corto di soldi (possiamo sperare in un budget di qualcosa come una trentina di milioni di euro, grazie alle cessioni e agli aiuti economici FIAT) e non siamo in grado di spenderli sul mercato perchè è ormai chiaro che Secco ne sa di calcio come io ne so di curling. Finito il mondiale il nostro ds potrebbe essere sostituito da Lippi, che potremmo descrivere come un misto di esperienza dirigenziale alla Renzo Bossi e simpatia mourinhana, entrambe caratteristiche indispensabili per farti vendere un giocatore decente; la soluzione a tutto ciò è mettere alla presidenza qualcuno che sappia davvero fare il suo lavoro, spostare Blanc a gestire il marketing dello stadio o pulirne i cessi, salutare con una riconoscente stretta di mano il ds Secco e sostituirlo con qualcuno che sappia fare una campagna acquisti da favola con un budget da incubo (Marotta, Corvino, Marino.. li conosco solo io?) e lasciare il buon Bettega lì dov'è, visto che è l'unico che pare sappia quel che fa. Se dopo un anno con una dirigenza del genere ed un allenatore come Benitez riusciamo ancora a perdere contro una squadraccia come la Roma per colpa di un taglialegna norvegese (nazione che vanta come sport nazionale lo sci alpino, praticamente un cugino del calcio...) allora sarà il caso di farsi delle domande sui giocatori; solo a quel punto ammetterò che ci sono calciatori, come Grosso, Felipe Melo e Diego, che da un giorno all'altro dimenticano come si gioca a pallone e soprattutto come si tirano fuori i coglioni quando mezza Italia ti spara merda addosso.

sabato 23 gennaio 2010

Avvocato visto dal Capitano

Sono da poco un player della squadra "Ale10+" del sito ufficiale del Capitano.
Posso accedere alle parti "segrete" del suo sito e partecipare a concorsi a premi esclusivi.
Per festeggiare questo evento bianconero che mi dà il sorriso dopo mesi di scempio calcistico, riporto un suo commento riguardo all'Avvocato, visto che l'anniversario della sua scomparsa cade proprio oggi.



Allo stadio c’erano più di quarantamila persone, ma nessuno aveva voglia di cantare. Il presidente Chiusano arrivò molto presto in tribuna e sistemò una delle nostre maglie sulla seggiola che solitamente l’Avvocato occupava al Delle Alpi.
Da quel momento in avanti sarebbe rimasta vuota.
26 gennaio 2003, Juventus-Piacenza, è la prima partita senza Giovanni Agnelli. A me sembrava impossibile anche soltanto pensare a una Juventus senza l’Avvocato. Per me erano, sono e saranno la stessa cosa. Ma dovevamo iniziare a fare i conti con quella realtà.
Che fosse una persona diversa dalle altre lo si potè comprendere dal modo in cui la gente visse il dolore per la sua morte. Due giorni prima della partita andammo anche noi della Juventus alla camera ardente, predisposta al Lingotto. Quello che mi sorprese fu il numero incredibile di persone che facevano la fila per andarlo a salutare per l’ultima volta. Le visite dovevano interrompersi alle sette di sera, ma quel fiume di gente spinse la famiglia a tenere aperta la camera ardente per tutta la notte. Ricordo il momento in cui entrammo in quella stanza e la stretta di mano al dottor Umberto, il modo per dimostrare a nome mio e di tutti i miei compagni quanto eravamo vicini a lui e a tutta la sua famiglia.
Ecco, un po’ di quel silenzio ce lo portammo con noi anche allo stadio, due giorni dopo. Durò ben oltre quel minuto prima dell’inizio della partita, che trascorremmo abbracciati, con il lutto al braccio, in mezzo al campo e in panchina. La sua Juventus in quell’occasione triste gli si stringeva intorno: era la squadra che a fine stagione gli avrebbe dedicato lo scudetto numero 27.
A proposito di dediche, sono pochi i gol che ne hanno avuta una così diretta ed esplicita come quello che segnai in ricordo dell’Avvocato. La curva aveva da poco finito di srotolare una enorme bandiera con scritto: ciao Presidente, qualche volta lo sguardo finiva su quella sedia vuota, ma noi eravamo concentrati, volevamo vincere, perché farlo in quel giorno – il giorno del suo funerale – era ancora più importante.
Il gol arrivò dopo appena dieci minuti e fu uno dei più belli della mia carriera. Zambrotta crossò dalla sinistra, mi liberai in area trovando il tempo giusto per toccare la palla al volo, di esterno destro, e metterla sul palo più lontano, scavalcando il portiere. Sono convinto che quella rete non arrivò a caso. In quell’esecuzione c’erano estro, fantasia, senso del gol: sono sicuro che sarebbe piaciuto all’Avvocato.
Se ci fosse stato ancora, mi avrebbe telefonato di sicuro la mattina dopo. Per mia fortuna ne ho ricevute parecchie, di quelle chiamate. Sempre alle prime luci del giorno. Io facevo finta di essere sveglio da un pezzo, in realtà mi aveva svegliato lui. Una volta presi coraggio e gli dissi la verità: “Avvocato, dormivo”. E lui: “Bene, allora è il momento che si alzi e si prepari!”. Se ci ripenso ancora oggi sento qualcosa dentro. Ho conosciuto poche persone con quel carisma.
Sì, l’Avvocato mi manca. Mi manca da italiano, da juventino, da giocatore della Juventus, da capitano. In fondo credo che manchi a tutto il mondo del calcio, e non solo. Le sue battute, che spesso erano piccanti annotazioni rivestite con un mirato ed elegante senso dell’umorismo, avevano il pregio della leggerezza. Facevano sorridere e soprattutto riflettere, così raggiungevano il bersaglio in modo diretto. Non le riservava soltanto ai giornalisti in una delle sue tanto attese visite al campo d’allenamento. Spesso le recapitava al diretto interessato, magari in una di quelle proverbiali telefonate...
L’ho incontrato per la prima volta nel 1993, appena arrivato a Torino. Ero giovanissimo, avevo diciotto anni. Durante il ritiro estivo con la prima squadra sono andato con i miei compagni nella tenuta della famiglia Agnelli a Villar Perosa, come era tradizione fare prima dell’amichevole che da sempre tiene a battesimo la nuova Juventus, estate dopo estate. Allora pensai che non sapeva neppure chi fossi, ma poi seppi che – da grande intenditore di calcio – aveva già chiesto informazioni su di me a Boniperti che mi aveva appena acquistato e a Franco Causio, suo ex pupillo da calciatore, che mi aveva visionato a Padova in qualità di osservatore della Juventus. Allora non si soffermò a parlare con me, ma con i grandi giocatori di allora: normale che fosse così. Ma nel corso della mia carriera a Torino le occasioni per confrontarsi sono state tantissime e per questo mi ritengo un privilegiato.
Quello che più mi è rimasto impresso delle chiacchierate con lui è la totale assenza di banalità, la sua curiosità brillante, la capacità di ascoltare. E di sorprendere, sempre. Sapeva andare controcorrente, sapeva stimolare e dare la carica giusta. Sempre nella mia prima stagione alla Juventus, dopo l’eliminazione dalla Coppa Uefa, ricordo che venne a farci visita alla vigilia della partita contro il Parma, allora più quotato di noi. Ci disse che non credeva che fossimo peggiori di loro, che eravamo una grande squadra, potevamo giocarcela alla pari e vincere. Il giorno dopo segnai la mia prima tripletta con la maglia della Juventus.
Se posso permettermi di dire di averlo “conquistato”, credo di doverlo in origine al mio gol contro la Fiorentina, quello della rimonta che diede simbolicamente inizio all’era della Juventus che vinse tutto in Italia e nel mondo, dal ’94 in poi.
E’ significativo che il mio gol più simile a quello di quasi dieci anni prima contro i viola, io l’abbia segnato proprio quel 26 gennaio 2003 contro il Piacenza.
Purtroppo il giorno dopo intorno alle sei del mattino quel telefono non è squillato. Ripensandoci ora, è quello il momento in cui mi sono accorto di avere giocato la mia prima partita alla Juventus senza l’Avvocato.

domenica 10 gennaio 2010

Ci siamo

Stasera. Una delle due partite che ogni juventino aspetta nella prima parte del campionato.
a differenza della partita con l'inter (dove il risultato è già scritto, e lo si può solo ribaltare), stasera si affrontano le uniche due squadre d'italia capaci oggi di battere il brasile e domani di prenderle col cittadella.
In questo blog, prima di partite come questa, scrivevo sempre slogan alla "voglio 11 leoni", "stasera 3 punti" ecc. ecc.
Stavolta invece volo basso e chiedo "una juve di queste occasioni".

Certo, dopo l'incredibile prova di forza dell'inter di ieri sera, sotto all'85, che pareggia con punizione inesistente e vince con goal in fuorigioco dubbio, è chiaro che il campionato E I CAMPIONATI saranno morti fin dall'inizio, almeno finchè qualcuno non farà cadere l'onesto petroliere come ha astutamente fatto con noi.
Ma noi siamo ormai la juve del sorriso, speriamo di sorridere stasera.

giovedì 7 gennaio 2010

Quasi come una sconfitta.

La gazza oggi ci ha propinato uno dei suoi fantastici titoletti che per una volta condivido: "un tiro e mezzo salva ferrara".
Chiaramente invece di "un tiro e un braccio salvano l'inter" c'era "inter ti amo campione del mondo" o giù di lì, ma è un altro discorso.

Se dovessi trovare una definizione della Juve che ho visto ieri mi viene in mente Discarica a Cielo Aperto.
Presente? Quelle piene di rifiuti, che puzzano da morire?
Ancora una volta nessun attaccante a segno, ma un centrocampista ufficialmente riserva e un difensore. Loro.
Come sempre Chiellini ha salvato la probabile catastrofe che sarebbe accaduta in linea con le ultime partite da quando era indisponibile (bayern, bari, catania).
Settimana nuova, schema nuovo! Tutto nella norma, stavolta si è tornati al 4-4-2 modificandolo leggermente in un 4-4-1-1 dove diego stava un pò arretrato così da fare la differenza.
La differenza non l'ha fatta.
Trezeguet si rompe, chiaramente, visto che tra poco Iaquinta torna ad essere disponibile (anche se non bisogna affrettare troppo i tempi perchè un'operazione al menisco richiede i suoi 6-7 anni).
Caceres, indispettito dal fatto di essere ormai titolare fisso, ha capito che farsi espellere è l'unico modo di avere una domenica libera e, non essendoci riuscito col bayern, ha rimediato oggi.
Così si salta il milan.
Melo è stato preso di mira da alcuni tifosi sugli spalti che gli sparavano pallini di piombo addosso, altrimenti non si spiegherebbe il suo cadere per terra senza alcun contrasto ogni 4 minuti.
Giovinco e Del Piero si sono goduti la partita da spettatori ma, per non farli litigare (visto che la gazzetta ritiene che siano in perenne scontro) uno era in panchina e l'altro in tribuna.

Infine, per far capire che potevamo vincere con più scarto, dopo i 15 minuti di recupero, proprio all'ultima azione Grosso ha deciso di purgare i parmensi con una bomba da metà campo a porta vuota.. lanciandola tra i piedi di un difensore in recupero che avrebbe potuto far scattare il contropiede del sicuro goal.. fortunatamente l'arbitro aveva fame, essendo ormai ora di cena, e ha fischiato.

Per cui siamo terzi ora, in seguito alla finale di champions decisa ai rigori nel posticipo serale del milan contro il genoa.
Lo stesso milan che verrà a trovarci fra 3 giorni.

martedì 5 gennaio 2010

Ma devo proprio cambiare squadra?

Cinema Juve: Ciro studia da Sherlock Holmes

08:15 del 05 gennaio

Il ritiro dei bianconeri in una multisala.
Ciro Ferrara e la Juve al cinema: c'è 'Sherlock Holmes'.
Fuori programma in vista della sfida con il Parma.
(La Stampa)



Stiamo scherzando?
Se Ferrara non se ne va bisogna preparare una sommossa generale.

sabato 2 gennaio 2010

Manina nel portafoglio, su.

Il mio primo intervento dell'anno è di speranza.
L'anno è nuovo e solo una cosa è cambiata, perchè tutto il resto è sempre uguale.
Tralasciando l'obrobrioso pareggio contro i venditori di cammelli in arabia, ottenuto con una formazione non dico titolare ma nemmeno a caso, tralasciando le solite interviste alla "crediamoci ancora" che vengono rilasciate quotidianamente dai vari cannavaro, tralasciando il solito NON mercato invernale mentre l'inter si prende gratis pandev e con un pugno di sassi anche kolarov, una cosa è invece cambiata.
L'invenzione mistica e quasi magica della carica di "VICEdirettore generale" da affibbiare al povero Bettega.
Dopo l'uno e trino di Blanc, dopo la promozione di Secco da "fermacarte dei fogli di Moggi" a "DS", chi non poteva prevedere che sarebbe stata creata un'ulteriore carica mai esistita in nessuna società di calcio?

Ecco questa è la nostra situazione societaria, ad oggi.
MA le cose potrebbero cambiare, anche se la partita col parma si avvicina al galoppo e forse ci si poteva muovere prima (sempre che in effetti ci sia l'intento di farlo). Parlo di questo:



Da quello che si è capito lui vuole venire, e in 14 milioni di NOI lo vogliamo.
E' un mago delle situazioni disastrate, non vuole un'enorme cifra. Si parla di 3 o 4 milioni all'anno, gli stessi di Tiago in pratica.

E quindi io spero, e che la befana ci metta un Guus nella calza.

venerdì 1 gennaio 2010

Buon Anno




Beviamo per dimenticare e speriamo in un 2010 positivo ANCHE dal lato calcistico per noi poveri derelitti che veniamo presi in giro dai nostri stessi beniamini da quasi 4 anni ormai.
Buon anno a tutti.

FORZA CHELSEA!