Sono da poco un player della squadra "Ale10+" del sito ufficiale del Capitano.
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Per festeggiare questo evento bianconero che mi dà il sorriso dopo mesi di scempio calcistico, riporto un suo commento riguardo all'Avvocato, visto che l'anniversario della sua scomparsa cade proprio oggi.
Allo stadio c’erano più di quarantamila persone, ma nessuno aveva voglia di cantare. Il presidente Chiusano arrivò molto presto in tribuna e sistemò una delle nostre maglie sulla seggiola che solitamente l’Avvocato occupava al Delle Alpi.
Da quel momento in avanti sarebbe rimasta vuota.
26 gennaio 2003, Juventus-Piacenza, è la prima partita senza Giovanni Agnelli. A me sembrava impossibile anche soltanto pensare a una Juventus senza l’Avvocato. Per me erano, sono e saranno la stessa cosa. Ma dovevamo iniziare a fare i conti con quella realtà.
Che fosse una persona diversa dalle altre lo si potè comprendere dal modo in cui la gente visse il dolore per la sua morte. Due giorni prima della partita andammo anche noi della Juventus alla camera ardente, predisposta al Lingotto. Quello che mi sorprese fu il numero incredibile di persone che facevano la fila per andarlo a salutare per l’ultima volta. Le visite dovevano interrompersi alle sette di sera, ma quel fiume di gente spinse la famiglia a tenere aperta la camera ardente per tutta la notte. Ricordo il momento in cui entrammo in quella stanza e la stretta di mano al dottor Umberto, il modo per dimostrare a nome mio e di tutti i miei compagni quanto eravamo vicini a lui e a tutta la sua famiglia.
Ecco, un po’ di quel silenzio ce lo portammo con noi anche allo stadio, due giorni dopo. Durò ben oltre quel minuto prima dell’inizio della partita, che trascorremmo abbracciati, con il lutto al braccio, in mezzo al campo e in panchina. La sua Juventus in quell’occasione triste gli si stringeva intorno: era la squadra che a fine stagione gli avrebbe dedicato lo scudetto numero 27.
A proposito di dediche, sono pochi i gol che ne hanno avuta una così diretta ed esplicita come quello che segnai in ricordo dell’Avvocato. La curva aveva da poco finito di srotolare una enorme bandiera con scritto: ciao Presidente, qualche volta lo sguardo finiva su quella sedia vuota, ma noi eravamo concentrati, volevamo vincere, perché farlo in quel giorno – il giorno del suo funerale – era ancora più importante.
Il gol arrivò dopo appena dieci minuti e fu uno dei più belli della mia carriera. Zambrotta crossò dalla sinistra, mi liberai in area trovando il tempo giusto per toccare la palla al volo, di esterno destro, e metterla sul palo più lontano, scavalcando il portiere. Sono convinto che quella rete non arrivò a caso. In quell’esecuzione c’erano estro, fantasia, senso del gol: sono sicuro che sarebbe piaciuto all’Avvocato.
Se ci fosse stato ancora, mi avrebbe telefonato di sicuro la mattina dopo. Per mia fortuna ne ho ricevute parecchie, di quelle chiamate. Sempre alle prime luci del giorno. Io facevo finta di essere sveglio da un pezzo, in realtà mi aveva svegliato lui. Una volta presi coraggio e gli dissi la verità: “Avvocato, dormivo”. E lui: “Bene, allora è il momento che si alzi e si prepari!”. Se ci ripenso ancora oggi sento qualcosa dentro. Ho conosciuto poche persone con quel carisma.
Sì, l’Avvocato mi manca. Mi manca da italiano, da juventino, da giocatore della Juventus, da capitano. In fondo credo che manchi a tutto il mondo del calcio, e non solo. Le sue battute, che spesso erano piccanti annotazioni rivestite con un mirato ed elegante senso dell’umorismo, avevano il pregio della leggerezza. Facevano sorridere e soprattutto riflettere, così raggiungevano il bersaglio in modo diretto. Non le riservava soltanto ai giornalisti in una delle sue tanto attese visite al campo d’allenamento. Spesso le recapitava al diretto interessato, magari in una di quelle proverbiali telefonate...
L’ho incontrato per la prima volta nel 1993, appena arrivato a Torino. Ero giovanissimo, avevo diciotto anni. Durante il ritiro estivo con la prima squadra sono andato con i miei compagni nella tenuta della famiglia Agnelli a Villar Perosa, come era tradizione fare prima dell’amichevole che da sempre tiene a battesimo la nuova Juventus, estate dopo estate. Allora pensai che non sapeva neppure chi fossi, ma poi seppi che – da grande intenditore di calcio – aveva già chiesto informazioni su di me a Boniperti che mi aveva appena acquistato e a Franco Causio, suo ex pupillo da calciatore, che mi aveva visionato a Padova in qualità di osservatore della Juventus. Allora non si soffermò a parlare con me, ma con i grandi giocatori di allora: normale che fosse così. Ma nel corso della mia carriera a Torino le occasioni per confrontarsi sono state tantissime e per questo mi ritengo un privilegiato.
Quello che più mi è rimasto impresso delle chiacchierate con lui è la totale assenza di banalità, la sua curiosità brillante, la capacità di ascoltare. E di sorprendere, sempre. Sapeva andare controcorrente, sapeva stimolare e dare la carica giusta. Sempre nella mia prima stagione alla Juventus, dopo l’eliminazione dalla Coppa Uefa, ricordo che venne a farci visita alla vigilia della partita contro il Parma, allora più quotato di noi. Ci disse che non credeva che fossimo peggiori di loro, che eravamo una grande squadra, potevamo giocarcela alla pari e vincere. Il giorno dopo segnai la mia prima tripletta con la maglia della Juventus.
Se posso permettermi di dire di averlo “conquistato”, credo di doverlo in origine al mio gol contro la Fiorentina, quello della rimonta che diede simbolicamente inizio all’era della Juventus che vinse tutto in Italia e nel mondo, dal ’94 in poi.
E’ significativo che il mio gol più simile a quello di quasi dieci anni prima contro i viola, io l’abbia segnato proprio quel 26 gennaio 2003 contro il Piacenza.
Purtroppo il giorno dopo intorno alle sei del mattino quel telefono non è squillato. Ripensandoci ora, è quello il momento in cui mi sono accorto di avere giocato la mia prima partita alla Juventus senza l’Avvocato.
www.giulemanidallajuve.com
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6 commenti:
La scelta delle parole e degli aggettivi ti fa capire perchè questo ragazzo di 35 anni è così mal sfruttato dalla stampa in ottica di "esempio per i giovani". Troppo intelligente e molto superiore rispetto alla media dei calciatori, ma a questo punto anche rispetto alla media degli italiani. Complicato batterlo sull'onestà intellettuale e sui fatti e sui numeri, così preferiscono andargli contro con il gossip e le cazzate che da anni scrivono sul suo conto. Poi arriva sempre un nuovo trofeo, un nuovo obiettivo conquistato (il doppio Cannoniere, B e A) e la standing ovation del Bernabeu dopo Diego Armando Maradona. Piango già al pensiero di non rivederlo più, fra qualche anno, con i pantaloncini, la maglia e quella fascia che sarà per sempre sua. Grazie Alex, per il ricordo, per il presente!
Ho ancora scolpito nel cuore quel goal meraviglioso...
uhm.. credo che puoi rimettere la madonna piangente..
... e lasciarla lì fino a giugno!
capitano per sempre
capitano per sempre
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